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Svezzamento? Oggi parliamo di alimentazione complementare

Oggi, piuttosto che di svezzamento, si parla di autosvezzamento o alimentazione complementare.

Siccome le raccomandazioni dell’Oms e dell’Unicef consigliano l’allattamento esclusivo fino a 6 mesi, si è diffusa, negli anni, l’abitudine di svezzare i propri bambini a 6 mesi di vita esatti.

In realtà il bambino non è uno yogurt con una x scadenza. Non è strettamente necessario che appena compie 6 mesi debba mangiare altri alimenti diversi dal latte.

L’autosvezzamento ci insegna proprio ad assecondare i bisogni del lattante e a lasciare che siano loro a decidere quando e cosa mangiare, per questo “auto”.

Qualche mamma potrebbe dire: “ E allora come faccio a capire quando svezzarlo se deve dirmelo lui?”

Ogni bambino già alla nascita ha delle modalità di comunicazione che consentono alla mamma di assecondare i suoi bisogni. Intornoai 6 mesi i bambini tendono a mostrarsi interessati al cibo che mangiano i genitori allungando le manine nel tentativo di afferrare qualcosa.



Ho sottolineato “intorno” perché non tutti i bambini sono pronti a introdurre nella loro dieta alimenti nuovi a 6 mesi; questo potrebbe succedere a 4 mesi così come a 12.

Se a 6 mesi la mamma non nota alcun interesse da parte del proprio bimbo, può provare ad offrirgli un qualunque alimento, senza forzarlo.

Come si comincia? Con quale alimento?

Qualche mamma potrebbe dire: “Con il brodino!”

Ma perché le carote, le zucchine, le patate dobbiamo usarle per fare un brodino se possiamo, invece, dargliele direttamente con tutte le loro vitamine e i loro nutrienti?

Addirittura alcuni pediatri forniscono la ricettina perfetta per lo svezzamento: metti tot di acqua, poi metti questo, metti quello, mi raccomando niente sale e poi una volta pronto, togli tutte le verdure e dagli solo il brodo oppure frulla tutto.

Insomma 2 ore di tempo per preparare un po’ di acqua “saporita” che magari il bambino non vorrà nemmeno!

Non sarebbe più semplice che siano loro a decidere cosa mangiare e in che quantità mangiarlo?

La mamma eviterebbe ore di preparazione per un pasto “poco appetibile” e il bambino sarebbe molto più felice di sentirsi autonomo.

Tra l’altro per il bambino mangiare un alimento con le proprie manine diventa molto più interessante. Può finalmente mangiare ciò che mangiano anche la sua mamma e il suo papà; chiaramente qualunque alimento gli sarà offerto con dimensioni molto piccole.

Proprio questa è l’alimentazione complementare: introdurre i cibi che mangia il resto della famiglia, senza frullarli, lasciando che sia il bambino a portarli alla bocca con le sue manine.

In effetti, se riflettiamo, le nostre nonne avevano un frullatore? Eppure le nostre mamme non hanno avuto problemi di soffocamento, siccome è questa la paura più grande per le mamme.

Ripeto, come ho detto sopra, è chiaro che ogni mamma offrirà al bimbo pezzetto microscopici, sicuri, senza lische e senza ossicini. Non ci sogneremmo mai di dare al bimbo una coscia di pollo!

Qual è l’altro concetto tipico, diffusosi negli anni? Il sale e lo zucchero nel primo anno di vita.


Viviamo in un mondo in cui il sale entro l’anno non si può assolutamente dare, ma il miele per calmare il bimbo si.


Ma stiamo scherzando?!

Non voglio entrare nel discorso del miele in questo momento, però posso assicurarvi che il miele fa senz’altro male nel primo anno di vita, è scientificamente dimostrato.

Il sale fa male a 1 anno così come fa male a 10 anni, a 50 anni e a 90 anni.

Il concetto del non dare il sale e lo zucchero fino a un anno di vita è finalizzato a insegnare ai bambini un’alimentazione adeguata che potranno portarsi nel tempo.

Io abituo il mio bambino a mangiare poco sale cosicché negli anni futuri manterrà questo stile di vita sano. Stesso discorso per lo zucchero.

Lo zucchero va usato per niente o poco non solo fino al primo anno di vita, ma anche oltre. Non ha senso non dare zucchero fino a tale epoca e poi dopo farli ingozzare di brioche.

Al di là del sale e dello zucchero, qualche mamma può pensare che alcuni alimenti facciano proprio male al bambino. Allora cerchiamo di capire: un alimento che normalmente la mamma mangia fa male al bambino, e perché alla mamma non fa male?

2 sono le cose:

1. quell’alimento fa bene ma, secondo la mamma, non è ancora indicato per il bambino…bah, vabbè;

2. quell’alimento fa male a prescindere, per la mamma così come per il bambino, ma lei lo mangia lo stesso. Il bambino che ora sta imparando potrebbe pensare: “ma se la mamma dice che fa male, perché poi lo mangia?”. Li confondiamo?!

Insomma, qual è la soluzione? Cos’è questo autosvezzamento?

Osserviamo i bambini e saranno loro a farci accorgere per loro interesse verso nuovi alimenti. Introduciamoli alla loro dieta nel momento in cui il bambino decide di mangiarli, lasciando che sia lui a sperimentare, ad allungare le manine e a portare il cibo alla bocca.

Una strategia potrebbe essere quella di mettere un piattino con del cibo anche al bambino che potrà mangiare “da solo”.

Assicuriamoci che ciò che gli lasciamo prendere sia sicuro.

Se uno o più alimenti non ci va di darglieli perché pensiamo che sia presto (questo potrebbe succedere con gli alimenti allergizzanti, tipo le fragole) rimandiamo l’introduzione di quei determinati alimenti oppure proviamo a dargliene un pezzettino minuscolo e a vedere cosa succede.

L’autosvezzamento deve essere una tappa serena della vita della neo-mamma e del bambino.

 
 
 

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